Sapevo sarebbe stata dura.
L’avevo messo in conto. Ma la fine è una scoperta tremenda. Ogni addio è
sorprendente a suo modo, dilaga senza pazientare. Un respiro profondo non basta, prima
dell’apnea. Non c’è aria a sufficienza nei polmoni, si torna in superficie
stravolti. Talvolta spaiati, comunque diversi. Scrivo su un letto che ho appena
disfatto, dopo aver svuotato l’armadio, tirato via i quadri dalle pareti
bianche, che avevo stuccato i primi giorni di marzo. Lascio Roma, il semaforo
senza verde, i clacson sulla Tiburtina, le pesche, le granite. La sveglia delle
7 in punto, la metro fino a Rebibbia, gli studi della Sitcom, la mia redazione.
I volti che studiavo appena arrivata sono ora quelli di una famiglia. Ci sono
state bozze da leggere, fino ad avere gli occhi rossi di sale, da rivedere, da
inviare allo stampatore. Ordini di approvvigionamento, consuntivi, refusi,
Torino e Francoforte. Ci sono state cartelle condivise, pause condivise e caffè
presi al sole. Tutto a dire che io sono stata lì. Lascio tre cassetti vuoti, le
calamite e i pastelli a chi ci sarà. Il buongiorno di Steno, che scrutava dal
suo schermo il mio lavoro e si affacciava ogni tanto. Il suo abbraccio in un
momento di sconforto, nonostante l’avessi per mesi insultato. Davide Editore (e
anche Daniele). Il piglio da paperino, le battute sconce sulle prostitute,
sulle sue notti brave. Con l’ultimo tentativo, fallito, di aggancio, un’ora
prima che salutassi l’ufficio. Lascio Cristina alla sua buona stella, che già
luminosa va tracciando la rotta. Anita senza scarpe sotto la scrivania. Viviana
e le sue fragili follie piene di vita. Le grafiche, che fanno il tifo per me, e
il corso di volgarità al quale non mi sono ancora iscritta. Mamma Koral e i suoi
sogni da interpretare ogni mattina. La sua forza, di una donna ispirata. Gli
starnuti di Veronica, l’eleganza inarrivabile di Luisa. L’emozione che mi ha travolta
all’annuncio di Emanuela, la sua tenacia. Simona, Cristina e Valentina. Ignazio
(così l’ho battezzato io), la sua musica, che un giorno ha rosicato, ma non mi
ha detto perché. Francesco che non scrive di cucina. Che salta il pranzo per
andare a farsi una nuotata. Che mi prende in giro perché non sto mai zitta, perché ne ho sempre una, nonostante
nessuno l’abbia chiesta. Che mi lascia senza parole prima di andare via. Il suo
naso da clown è il regalo della vita. Lascio Antonella, le confidenze di
sorella, le sere all’Opera, la notte che è rimasta a casa mia. Lei e le sue domande
a cui cerca risposta, nascosta dalla luna. Che è bella, ma bella, e non lo vede
ancora. Evelina. Che il primo giorno non c’era, che oggi non potrei stare senza.
Che ho avuto paura di deludere, che ora ho paura di perdere. L'Ingegner Magnaghi, che ci prova, e ci prova ogni volta. Corrado, i suoi sorrisi e le giornate no. Angelo e le orecchie da topo, Sciacca e la pacca sul culo, con la scusa che porta fortuna, che mi si aprono i chakra. Luca e il suo
tortino (e tutti i doppi sensi, le cazzate che ci siamo detti), gli chef di Casa Alice, i ragazzi della
produzione. Agosto, passato troppo in fretta, quando tutti erano in ferie (ma io
e te no). Lascio ogni lunedì mattina. La schiscetta, la
mia casella di posta ancora piena. Ogni ora passata, ogni ora persa. Lascio una
parte di me, gagliarda e tosta. Potessi aver avuto scelta.
4 anni fa
lasci un segno! ti abbraccio forte...
RispondiEliminaPorti via con te ben di più di quel che entra negli scatoloni del trasloco. Lasciamo, davvero, tutti il segno, anche se non lo sappiamo. Di cuore, buona fortuna.
RispondiEliminaTrasferisci le tue emozioni attraverso la scrittura, e per avercele donate non ti sarò mai grato abbastanza...
RispondiEliminaverso una nuova tostaggine !!!
RispondiEliminaChe bell'addio.
RispondiEliminaSe "bello" di un addio si può dire ;-)