Il 27 gennaio 1945 il campo di Auschwitz viene liberato.
Per una settimana questo blog resterà in silenzio.
A parlare sarà la memoria dei sopravvissuti.
Ogni giorno un racconto, ogni giorno una voce,
per non dimenticare.
"Non vi è cosa più intatta di un cuore spezzato"
ha detto una volta un grande rabbino. E non vi è popolo più eletto di uno sempre colpito. Anche se non credessi che un tempo Dio ci abbia destinati a diventare popolo eletto, crederei che ci abbiano resi eletti le nostre sciagure."
ZVI KOLITZ
Yossl Rakover si rivolge a Dio
[...] di questo fantomatico numero molti avevano avuto modo di convincersi coi propri occhi: veniva scritto sul polso - girava voce - con dell'inchiostro verde e poi veniva impresso in modo indelebile, veniva tatuato con la punta di un ago particolare, così dicevano. Più o meno nello stesso tempo mi è giunto all'orecchio il racconto dei volontari che erano andati a prendere la minestra. Anche loro avevano visto i numeri, in cucina, e anche in quel caso si trattava di detenuti di vecchia data, ed erano numeri impressi nella pelle. Ma sulle labbra di tutti correva la risposta data da un detenuto, quando uno dei nostri gli aveva domandato che cosa fosse quel numero, e tutti ne analizzavano il significato e la ripetevano continuamente. " Die Himmlische Telefonnummer", ovvero "il numero di telefono del cielo".
Essere senza destino
Come se non bastassero tutte le altre disgrazie ce n'è una nuova: la fame non mi lascia dormire. Mi sveglio nel cuore della notte e mi compaiono davanti i cibi più buoni: carne arrosto con contorno di patate, khale con il latte, cetrioli freschi, miele. Ne sento perfino il profumo. E ho una tale voglia di mangiare, da piangere. Mi sforzo di pensare a qualcos'altro ma non mi riesce: davanti agli occhi ho sempre manicaretti dal profumo terribilmne appetitoso. Anche se non ne ho affatto bisogno: in realtà voglio solo del pane, ma una pagnotta intera, da poterne staccare quanti pezzi voglio, senza dover pensare che devo lasciarne un po' per domani.
Sarà mai così?
MASHA ROLNIKAITE
Devo raccontare
La morte per gas durava da dieci a quindici minuti. Il momento più terribile era l'apertura della camera a gas, quella visione intollerabile: le persone, schiacciate come basalto, blocchi compatti di pietra. Come crollavano fuori dalle camere a gas!
L'ho visto parecchie volte. Ed era la cosa più penosa di tutte.
A questa non ci si abituava mai. Era impossibile.
Vomito, sangue. Dalle orecchie, dal naso... Anche sangue mestruale forse, no, non forse, certamente. C'era di tutto in quella lotta per la vita...
CLAUDE LANZMANN
Shoah
Non ci sono demoni, gli assassini di milioni di innocenti sono gente come noi, hanno il nostro viso, ci rassomigliano. Non hanno sangue diverso dal nostro, ma hanno infilato, consapevolmente o no, una strada rischiosa, la strada dell'ossequio e del consenso, che è senza ritorno.
La ricerca delle radici
mai più
RispondiEliminaSeguirò ogni racconto, sentirò ogni voce, giorno dopo giorno: stiamo passando un periodaccio che solo la 'memoria' ci consentirà di superare.
RispondiEliminaPurtroppo non esiste più sordo di chi non 'vuole' sentire.
Mai dimenticare!
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